Percorro il viale alberato che conduce a Villa Campari accompagnato dal suono che i miei passi producono calpestando un magnifico tappeto di coloratissime foglie, il foliage ha cominciato il suo trasloco dagli alberi al terreno.
Non conosco niente e niente sono riuscito a trovare circa la storia di questa imponente villa, ormai quasi rudere, il cui nome evoca mitici cocktails come il Negroni, lo Spritz, l'Americano ma che purtroppo non sono qua offerti, qualcuno l'ha così chiamata probabilmente per la vicinanza ad una delle sedi del famosissimo brand creato nel 1860 da Giuseppe Campari.
La villa è stata totalmente spogliata, mattonelle, piastrelle, sanitari, infissi, caminetti sono serviti per sbarcare il lunario ed accelerare il naturale decadimento che lo scorrere del tempo produce nei luoghi abbandonati, però qualcosa resiste nonostante tutto e tutti,
gli splendidi e suggestivi soffitti affrescati.
Ormai nella villa restano solo loro, orgogliosi testimoni di un importante passato, ad invitare il viandante dell'abbandono a percorrerne gli spazi e sostare con lo sguardo all'insù nei suo saloni ma non per un chiassoso happy hour stringendo tra le mani un tumbler basso e colmo di ghiaccio contenente in parti uguali Campari,
Vermouth rosso, Gin e l'immancabile spicchio di arancia.
Mi allontano ripercorrendo il viale, il suono delle foglie secche che si piegano sotto i miei scarponcini è diventato più intenso, rallento i miei passi per apprezzarne con calma tutte le note, mi volto e saluto un ultima volta Villa Campari che con il suo silenzio mi ha raccontato una storia persa nel tempo.