Appena ho varcato la soglia della porta di ingresso, che si apre nel devastato ma assolutamente affascinante salotto, ho provato una sensazione strana, non spiacevole,
mi sentivo osservato, scrutato, analizzato.
Due volti, ritratti fotografici di inizio novecento, avevano gli occhi puntati su di me come a chiedere "chi sei?, che vuoi?, perchè sei qua?".
Sono rimasto in silenzio a guardarli immaginando di presentarmi, chiedergli i nomi, raccontare la mia storia ed ascoltare la loro.
Gli esploratori urbani che hanno visitato questa dimora l'hanno chiamata in modi diversi, la villa del soldato, del colonnello, del sindaco, la casa dei quadri e sicuramente qualcosa
che portasse a questi appellativi lo avranno trovato.
L'implacabilità del tempo e la stoltezza di chi qua ha camminato da vandalo e saccheggiatore
hanno offuscato ogni indizio ed allora sempre fissando con rispetto i due volti mi è venuto istintivo e lieve chiamarla la Casa dei ritratti.
Non ho notizia alcuna della storia e dell'essenza di queste mura e di coloro che qua hanno attraversato almeno una parte del loro percorso terrestre ma,
pur nell'ormai totale degrado e con una prossima implosione, si riescono però ad assaporare dei segni che raccontano gli attimi
di quella che doveva essere una tranquilla quotidianità popolata di nonni, madri, padri e fanciulli spensierati che si preparano al futuro.
Riprendo il cammino portando con me i loro sguardi ed un rimpianto...come mi sarebbe piaciuto poterci parlare.