Percorro in silenzio e con passo lieve il vialetto che conduce alla villa, la mia ombra, allungata dalla luce radente di un tramonto ormai prossimo e curva per il peso dello zaino e di una lunga giornata di esplorazioni, mi segue anch’essa senza pronunciare alcun suono.
Non ho info sulla storia del luogo che sto per esplorare ma ho visto foto e video e so già cosa troverò; un piccolo elefante di panno memoria di giochi dal buon sapore antico, delle intriganti finestre con vetri colorati e libri, molti libri, che mai nessuna tecnologia riuscirà ad offuscare almeno per coloro che sanno ed amano leggere accogliendo nelle proprie mani il prezioso scrigno di carta.
Mi è difficile non fotografare gli esterni, tanto è attraente la villa dell’elefante immersa nel parco, ma resisto e non derogo ad uno dei principi fondamentali dell’urbex sano quello con la U maiuscola: a meno che non siano luoghi noti e facilmente visibili, mai mostrare immagini che potrebbero facilitarne la localizzazione.
Il silenzio che mi ha accompagnato entra insieme a me e si miscela con l‘essenza del luogo creando la giusta atmosfera per cercare di immaginare le antiche storie che qua sono trascorse.
Avrei voglia di aprire quei libri ma non tocco mai niente e nemmeno questa volta lo farò, mi limito a leggere le copertine senza rimuoverli dal loro posto, solo coloro che qua hanno vissuto hanno il diritto di farlo, a me basta poco per capire cosa essi raccontino.
L’esplorazione è veloce, forse troppo, e col senno di poi qualcosa ho tralasciato ma non importa ho attraversato la villa dell’elefante quel tempo che basta per immergermi nella sua storia ed odorare il buon sapore antico delle cose di una volta.
Riprendo il sentiero, il silenzio lo porto con me, l’ombra è sparita insieme alla luce ed il pianoforte sta suonando una amorevole ninna nanna per l’elefante.