Chi ha letto il famoso romanzo Orizzonte perduto dell'inglese James Hilton (1900-1954) pubblicato nel 1933 sa bene cosa voglia dire entrare nello Shangri-La, un luogo immaginario perduto nel tempo e introvabile sulle mappe circondato da meravigliosi paesaggi Himalayani dove pace e tranquillità riempiono totalmente l'esistenza degli abitanti che non chiedono niente, che hanno già tutto.
Credo proprio che il creatore del museo Shangri-La, Piero Benzi (1930-2014), si sia ispirato a questo paradiso dello spirito quando negli anni '60 iniziò a percorrere con la moglie Rosa il basso Piemonte raccogliendo ogni tipo di oggetti ed attrezzi dismessi dal genere umano
dando vita a quello che lui stesso chiamò il Movimento ambientale ed ecologico Shangri-La.
Attraverso i suoi spazi con due sguardi strettamente collegati tra loro, quello del visitatore che si trova a percorrere un incredibile itinerario nella storia della quotidianità e quello del viandante dell'abbandono che vuole raccontare con forme e colori le sensazioni ricevute.
Il primo sguardo viene naturale basta dare spazio alla voglia di conoscenza e liberarsi da idee preconcette, il secondo è difficilissimo perchè raccontare per immagini il caos rischia di generare altro caos con decine di fotogrammi che si aggiungono alla raccolta del museo, il superfluo.
Volutamente non ho scattato molte fotografie già sapendo che la selezione, per me elemento fondamentale, sarebbe stata dura e difficile, come sempre l'istintività è stata la mia guida.
Non so se sia riuscito a raccontare il Museo Shangri-La seguendo quello che mi ero prefissato, una semplice e pulità linearità che renda il caos e la sua essenza punto di attrazione,
che penetri nello spirito del luogo e coinvolga il lettore senza che questo aspiri a prendere in mano il telecomando e cambiare canale...
Mi piace pensare che forse se siete arrivati fino a qua ho, almeno in parte, raggiunto lo scopo.